Quid est iniuria

Testo argomentativo sugli insulti

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  1. *Actinium*
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    Quid est iniuria?


    ... E smettila di insultarmi, per favore. -
    - Ma chi ti ha insultato? Ma va a studiare, va! -
    - Ma tu mi hai detto che sono un incapace e scrivo in modo incomprensivo -
    - Incomprensibile. E questi non sono insulti, sottospecie di beota ignorante, bensì reali constatazioni.-.
    - Saranno, ma ora mi hai insultato. -
    -Puoi provarlo in tribunale con testimoni e oggetti fisici che confermino le tue false accuse?-
    -C’è il testo... -
    - Il testo non è attendibile. -
    -ma... -
    -Cretino! Il testo è situato in una realtà diversa dalla nostra, una realtà relativamente superiore, poiché è l’autore a scegliere ciò che dobbiamo dire e le azioni che dobbiamo compiere. -

    Le domande che voi, cari fans, ora vi ponete sono sicuramente riguardanti l’inizio clamoroso di codest’opera, la coscienza del più erudito dei due e la scelta tra una banana marcia e un cucchiaio arrugginito per donar l’eterno riposo alla dolce e anziana arpia della porta accanto. Risponderò quindi, nelle righe seguenti, alla seconda e alla terza domanda, ché non avrebbe senso rivelarvi i misteri che circondano il primo quesito.
    Dunque, la coscienza di quel mostro di gentilezza deriva dalla volontà dell’autore, ovvio.
    Poi, fossi in voi opterei per una combinazione di entrambi, e vi spiego di seguito come procedere.
    Sbucciate il non più giallo frutto e posizionatelo, in un frullatore. Frullate. Ora aspettate l’arrivo dell’infermiera che suole curarsi della vittima, la quale sapete essere un po’ credulona e poco intelligente, e datele il contenitore nel quale avete versato il marciume, raccontandole che la vecchia adora quella squisitezza e che ancor di più l’ama se servita con la posata di cui abbiamo parlato prima. Questo farà in modo che la vostra acerrima nemica stia male, si prenda probabilmente il tetano, e perché non vaccinata e perché, essendo sdentata e con le gengive molto infiammate, si ritroverà la cavità boccale completamente infettata. Riuscite a immaginare la scena? Sì, lo so, vi state divertendo moltissimo dall’alto della vostra “insania”. Comunque, state sicuro che ciò, se non definitivamente, ve l’allontanerà per un po’.

    Ora è tempo di passare al punto centrale del pezzo di saggistica che state leggendo, in altre parole la risposta alla domanda “che cosa è un insulto?”.
    L’insulto è una forma che può essere verbale o comportamentale e che risulta degradante per l’individuo o il gruppo al quale il gesto è rivolto. Una definizione così accademica, tuttavia, non può fornirci le risposte che cerchiamo. Infatti, l’insulto come la bellezza, è qualcosa che sotto un certo punto di vista può essere visto come soggettivo. Ovvero, non tutti percepiscono l’ingiuria allo stesso modo. Questo accade perché la ferita che si va a creare in chi è colpito dal nostro attacco lede l’orgoglio, l’onore, o la dignità e il grado in cui questi si feriscono è direttamente proporzionale e alla sensibilità e all’ampiezza dei sopracitati valori nell’individuo offeso. Quindi, una persona molto egocentrica, forte del suo orgoglio, non accetterà che le si venga paragonato qualcuno che essa non reputa alla sua altezza, specie se il paragone risulta svantaggioso e ancor più se si rende conto che non è errato. Su quest’ultimo punto mi soffermo. È molto semplice capire perché, se davvero il secondo termine di paragone è migliore del primo e il primo se ne accorge il danno sarà maggiore, ma voglio spiegarlo. Qualcuno disse: “Beata ignoranza!”, è questo il concetto su cui si basa il tutto. Rendersi conto di essere davvero inferiori a qualcuno che noi stessi reputiamo al di sotto del nostro livello è un duro colpo da incassare, poiché siamo costretti ad ammettere di aver sbagliato e perdiamo una parte della nostra autostima e della sicurezza delle nostre parole. Pur mantenendo l’aspetto caratteriale incolume all’esterno, internamente si ha una forte sensazione di debolezza, che porta pian piano a rendere insopportabile la maschera che si indossa davanti a tutti. Giacché non si sarà gli unici ad accorgersi dei propri errori, la farsa risulterà sempre peggio retta e, anche se coloro da cui si è circondati non sembreranno accorgersene, nel profondo non si saprà più come comportarsi.
    Non volendo perdermi in argomenti poco inerenti al tema, continuo.
    Dunque, ricapitolando, chi possiede una personalità forte non sopporterà facilmente un insulto. Tuttavia, sarà molto propenso a contrattare, o con lo stesso livello d’intensità o con un livello maggiore; è molto raro, almeno che non sia in grado o non abbia realmente voglia, che qualcuno con un carattere sovversivo risulti più calmo nel difendersi. Da non intendere questa calma come pacatezza, bensì come bonomia, poiché, mantenendo un tono gentile e controllato, si può colpire con una lama molto più affilata. Ciò perché sforzandosi di non eccedere nella collera si mantiene razionalità e freddezza, perfette per sottomettere l’animo altrui.
    Insultando un individuo più debole, invece, si corre il rischio che il gesto venga inteso come una critica costruttiva. Questo comportamento del bersaglio viene talvolta interpretato come simbolo di maturità, ma non è sempre così, è semplicemente dovuto al fatto che non si riesce a ferire poiché i tre valori precedenti non presentano una distinzione particolare nella personalità. Inoltre, il debole non sarà in grado di rispondere, o non in modo convincente. Molto probabilmente perché, non avendo nulla da difendere, non si sforza ad avere un fronte d’attacco sviluppato ed efficiente.
    Veniamo ora a riflettere su che cosa porta a maltrattare qualcuno. Le cause sono molteplici, e sono sviluppate nelle situazioni di tutti giorni nelle più svariate situazioni. La più frequente e facile da comprendere si ha quando si subisce un torto. Per difendersi si opta spesso per il verbo, utilizzato nel suo lato oscuro. Ovviamente si avrà uno scambio d’ingiurie tra i soggetti, poiché tutti pretenderanno di aver dalla loro parte la ragione. Questa situazione è tanto diffusa quanto semplice da risolvere; una mediazione può riportare l’equilibrio, siccome, con l’intervento di una parte neutrale, si può portare tutti coloro che sono coinvolti al ragionamento e all’accettazione del pensiero altrui, seppur con qualche remora.
    Un’altra situazione è quella dovuta all’invidia. Spesso l’insulto, in questo caso, è indiretto, ovvero non è riferito direttamente all’interessato, ma o esso è tenuto all’oscuro –per quel che riguarda l’invidioso- o gli viene fatto intendere che non si provano buoni sentimenti. Risolvere questo tipo di problema è più complicato. Infatti, sono necessarie buone capacità di persuasione e non sempre le buone parole come “ma no, tu sei meglio” funzionano contro il mal di gelosia.
    Ci sono anche altre possibili situazione, ma non è sempre detto che siano diverse da queste citate, bensì possono essere variazioni, sfumature. Così come possono sfumare i livelli di forza del carattere, passando da un estremo all’altro -come da esempi- e soffermandosi pure combinazioni di violenza e debolezza più equilibrate.
    Questo discorso è servito a comunicare che non si può definire l’insulto in modo preciso, dicendo che cosa sia ingiuria e che cosa no, poiché, essendo qualcosa che va a colpire la psiche, la persona interna, la sua percezione resta molto soggettiva.
    Concludo dicendo che, bisogna sempre e comunque essere regolati nelle gesta, e se proprio è indispensabile urtare la sensibilità altrui -cosa che non lo è mai-, allora è necessario giocare d’astuzia, in modo da creare situazioni ambigue, dalle quali risulta più semplice uscire indenni.
    Quindi, si rifletta bene e si comprenda che: anche se le ragioni sono giuste, non si possono dire le cose sbagliate.
     
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