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C’era una casa, in quel bosco, che a veder sembrava dimora d’ignoti pii.
Radicata al suolo, si colorava di candido: le pareti, di neve, mai s’immaginavano sciogliersi; mentre il tetto, sanguigno, accaldato dal sole rovente, già gocciolava sulle pareti stesse, dandole un tono di rosso.
Eppure, nonostante la macabra figura, quella casa pareva una perla nel mare. Impossibile che una simile bellezza non avesse avuto la devozione d’uomini e dei, diventando così premio di lotte e di sangue, di litigi e dissapori, d’invidia e passioni.
Ma lasciamo certi dettagli ad una storia sepolta nel tempo. Quel che c’interessa, ora, è il presente.
Nel bosco s’aggirava una bambina, Maria, bella quanto innocente, che a piccoli passettini saltellava gioiosa: questo gioiellino era purezza fatta a persona.
La piccolina, d’appena cinque anni, né godeva di ricchezza né soffriva di miseria, né mai si sognava di fare capricci e lamenti –l’unico desiderio che ebbe mai, fu una casa delle bambole tutta per sé–. E guai, se poi, nella gioia, non si metteva a cantare dolci melodie. Vestiva di rosa e di bianco, piena di merletti, come una perfetta Sweet Lolita.
Insomma, avete mai visto niente di più pulito?
Ah, se tutti fossero come lei! Se ogni umano fosse una piccola Maria!
Come mai tanta beltà sulla terra era così rara? Umanità? Crescita?
Niente di tutto ciò. Cercherò di spiegarvelo tramite questa breve storiella.
La bimba bloccò il suo passo saltellante non appena vide la casa. Questa, misteriosa ed affascinante, era fornita di una porta dorata, con sopra una scritta. Ma Maria aveva imparato a leggere solo le vocali.
Perciò, incuriosita, entrò, ignara della scritta che di vocali ne aveva undici: “Entra e sarai fatto a fette”.
“Una casa delle bambole!” Esclamò la piccola Maria, alla vista di fantasiosi arredi e di colori festosi.
Di già, però, si poteva intravedere un secondo piano, introdotto da una scala, grigia, sporca, e senza luce. Salì la bambina, che di certo non percepiva il pericolo dalla tetra scala; e quel che vide era una stanza, aperta, completamente oscura. Riusciva ad intravedere graffi e sangue sulle pareti.
Un corpo deforme strisciava in quella trappola nera con le unghie spezzate e sanguinanti, e si dirigeva verso la preda che, poverina, non capiva.
Non voglio impaurire il lettore con scene di suspance e di terrore: perciò passerò al punto della questione.
Si sa che la bontà è la base dell’ingenuità. La purezza, quella senza rabbia e senza contorti peccati, non può evitare di essere affiancata da un’eccessiva fiducia verso ciò che, invece, potrebbe essere qualcosa di bestiale.
Diventa poi solo un concetto di logica: senza pensieri impuri che facciano intuire un eventuale pericolo, il lupo riesce facilmente a mangiare l’agnello, dato che quest’ultimo si avvicina al suo predatore in segno di pace.
La mamma della piccola Maria, come ogni madre di rispetto, riempiva d’amore il suo cor per la figlia; e attendeva ansiosa il suo arrivo a casa, dove l’avrebbe aspettata una bellissima, coloratissima, casa delle bambole.
C’era una casa, in quel bosco, che a veder sembrava dimora d’ignoti pii.
*
Okay, vorrei fare delle precisazioni:
–All'inizio, la storia era più dettagliata e ricca di informazioni, soprattutto riguardo il mostro della camera, ma ho deciso di togliere dei pezzi, per poter lasciare in futuro più spazio alla mia fantasia.
–Lo so che sembra un racconto di Manzoni uscito male, ma ho cercato –almeno all'inizio, poi ho perso voglia xD– di fare un po' il suo stile.
–Per chi non l'avesse capito, "C’era una casa, in quel bosco, che a veder sembrava dimora d’ignoti pii." significa "C'era una casa, in quel bosco, che a guardarla sembrava la dimore di persone oneste sconosciute."
Grazie per la lettura! ^^
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