Il viaggio della vita e la felicità

Argomentazione sullo scopo dell'esistenza e su come la si affronta

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. *Actinium*
        Top   Dislike
     
    .

    User deleted


    Questo è il mio primo tema di quest'anno. Purtroppo ho perso i titoli, ma è basato su una citazione di un docente di filosofia del mio liceo, che in breve diceva che la felicità non sta nella meta del viaggio della vita, ma nel viaggio stesso, e che vivere significa anche cambiare e trasformarsi.

    Il commento del mio prof di italiano è stato:
    CITAZIONE
    Un buon lavoro; argomentativamente ben strutturato, sicuro e convincente nella riflessione analitica. Escluso il riferimento al masochismo, l'apparato argomentativo è pregevole. Anche l'espressione è sicura

    voto: 5 (8 nel sistema italiano)

    Il testo
    CITAZIONE
    La felicità non è la meta ultima. Il viaggio della vita non si trascorre su un diretto.

    Ritengo che ogni azione compiuta da un essere umano -escludo gli altri animali, non riuscendo a concepirli come creature in grado di pensare e di avere opinioni circa l’esistenza- sia indirizzata alla felicità, anche nei casi di masochismo, poiché si distorce semplicemente l’idea di ciò che la felicità è per la collettività. Di conseguenza, vedo la vita come un itinerario a tappe, un tour metafisico in cui i tragitti divergono e convergono con quelli di altri, e dove magari si creano dei “loop”, dove si gira in tondo, si insegue qualcosa e si avanza solo dopo che lo si è raggiunto, ma che cos’è? È la felicità, che ha varie forme. Bene! Non si può, quindi, ritenere che questa sia una tappa? Lo è. Tuttavia, è possibile arrivare a considerare che la felicità sia costituita dai mezzi per raggiungere il risultato, perciò l’azione stessa, il viaggio, non la pausa. Sì e no, dipende. Il metodo che si sceglie può dare una certa carica, motivare, ma potrebbe anche essere motivo di arrendevolezza, un percorso pericoloso e pieno di bivi, eppure non ci si ferma, se lo scopo è importante. Ciò significa che il benessere “penultimo” non trova posto nel tragitto in sé, ma al massimo nell’essere certi che proseguire valga la pena, e questa percezione attiva negli individui un insieme di sensazioni positive che spingono a continuare, ma appunto solo per toccare l’asfalto caldo di una piccola stazione desolata.
    Inoltre, se prendiamo atto di un problema sociale molto attuale, quello dei suicidi, piccoli arbusti tormentati, comprendiamo subito che togliersi la vita non è nulla se non il risultato di un’esasperazione troppo grande, il risultato di un viaggio pieno d’imprevisti, guasti, incidenti, smarrimenti di bagagli; tutte cose poco allegre. Ma una tale scelta non è obbligatoriamente effetto di staticità grigia. Hanno potuto modificare più volte le loro convinzioni, sono potuti apparire nel modo che più preferivano, si sono potuti accendere di passioni anche contrastanti tra loro. Semplicemente, non avevano più voglia di continuare, il viaggio durava a troppo e le fermate d’emergenza si facevano troppo insistenti, ciò che volevano non arrivava. Hanno optato per scendere, e scendere ancora e arrivare a quella che è la vera meta definitiva per conto loro, ne modo più semplice che conoscessero, così da raggiungere una pace che fosse solo loro, di nessun altro, un gesto egoista, ma dettato da forze più grandi; però la felicità non esiste se non può essere condivisa, quindi si sono fregati due volte.

    Tornando alla citazione vera e propria, credo che parlare di “dono della trasformazione” come simbolo centrale di amore per la vita sia il punto centrale dell’esistenza, perché cambiare e realizzarsi rappresenta l’unico modo per apprezzare il mondo in tutte le sue espressioni e il mondo, per un vivente, è la vita. Tuttavia, se si relaziona questo dono al viaggio, si ritorna al punto di prima, è una sorta di contraddizione. Infatti, non è il processo di trasformazione ad appagarci, ma il periodo intermedio tra la raggiunta metamorfosi e l’inizio della successiva, il momento in cui possiamo finalmente goderci noi stessi, la tappa.
    Infine, è vero che la felicità è la meta del viaggio della vita non coincidono, ma bisogna essere precisi nel parlare di come sia strutturato l’iter. Non è un viaggio unico se non nella sua concezione generale, poiché si tratta di tanti percorsi collegati tra loro, che hanno sviluppi basati sulle nostre scelte arbitrarie e tra i quali sono sistemate aree di ristoro, arrivi di transizione, tappe, che prendono appunto il nome di “felicità”. Ciò che non è felicità non è che una fase critica del viaggio.
    L’arrivo definitivo sta solo e esclusivamente nella morte, dopo la quale c’è altra morte, che non è felicità.

    SPOILER (click to view)
    Licenza Creative Commons
    Il viaggio della vita e la felicità by Riccardo Passarella is licensed under a Creative Commons Attribution-NoDerivs 3.0 Unported License.
    Permissions beyond the scope of this license may be available at http://eymerichinquisitor.deviantart.com/.

     
    Top
    .
0 replies since 30/10/2010, 14:32   161 views
  Share  
.